Nina - settima puntata

Ben presto mi rendo conto che non ce la farò mai. L’autobus mi ha già distanziato, e ora imbocca il corso. Devo fare qualcosa (ma a questo punto direi già meglio che è il tizio che ha lasciato la bicicletta appoggiata al muro che dovrà fare qualcosa quando uscirà dalla salumeria): salgo sulla bicicletta e parto a razzo, mentre già mi accorgo che all’angolo ci sono due vigili urbani. Prendo una parallela al corso, sul lungofiume, da qui vedo l’autobus a scatti, attraverso la fila di alberi alla mia sinistra; e vedo la distanza ridursi (quella verticale della nostra direzione in avanti, mentre quella orizzontale resta costante), già progetto di accelerare e ricongiungermi al corso, quando mi accorgo che il fiume devia a destra, e la mia strada con lui. Ho pochi secondi per inventarmi qualcosa: poi, finalmente, mi alzo in piedi sui pedali e spicco il salto, lasciando la bicicletta alla sua deriva. Sono ancora per aria: con una capriola atterro sul prato, le mani poggiano sull’erba con i palmi aperti, ho il ginocchio sinistro piegato all’indietro e il destro in avanti, ragion per cui sono già pronto a ripartire (immagino che in questo momento un solo insignificante dettaglio mi distingua da un ninja in azione: gli occhiali scivolati sulla punta del mio naso a causa del sudore). Ricomincio a correre, tagliando diagonalmente l’aiuola quadrata, in direzione del bus che riprende a distanziarmi.
Ora, io mi rendo conto che questa storia quanto a originalità fa veramente pena; è anche per questo che ce la metto tutta per cercare di tener viva la tensione dell’inseguimento, che mi porta a saltare addosso a un carabiniere a cavallo onde appropriarmi del cavallo (e un ricordo d’infanzia si impossessa della mia memoria per un attimo: la mia maestra delle elementari che ci ripete, durante le lezioni di educazione civica, che i carabinieri girano sempre in coppia, il che mi induce a domandarmi: chi poteva star mai inseguendo quello che ha fregato il cavallo all’altro carabiniere?).
Cavalco di furia verso l’autobus, sono sul corso, ma è difficile galoppare in città, tengo dietro a fatica. Mi si offrono tre alternative:
1. Reato per reato, appena possibile rubo un elicottero della polizia e la faccio finita con questo sfiancamento (tentando così inoltre il salto di qualità verso l’action-movie);
2. Trovo una backdoor in stile cyberpunk per questa situazione, qualcosa del tipo “mi materializzai in un attimo all’interno dell’autobus, in una posizione tale da poter vedere senza essere a mia volta visto” (qui la mia mente diverrebbe una sequenza di processi informatici, la scorrazzata fin qui descritta si ridurrebbe a un inseguimento virtuale e tutta la storia potrebbe essere il prodotto di un unico grande cervello elettronico situato al centro della terra e collegato tramite recettori impercettibili al sistema nervoso centrale di ogni uomo);
3. Improvvisamente ma sinceramente pentito per tutti gli errori commessi durante l’intero arco della mia esistenza, scendo da cavallo e mi metto in ginocchio a mani giunte, in mezzo alla strada, e prego Dio di perdonarmi. (A questo punto Nina, che Dio mi manda come ricompensa terrena per la mia conversione, mi viene incontro e mi abbraccia, mentre anche l’Arma – inizialmente precipitatami addosso da ogni parte – si arrende alla forza dello spirito e dell’amore, e mi lascia andare).
Non è colpa mia se poi me ne succede una quarta, la più dozzinale di tutte: sono ancora all’inseguimento quando, ad un incrocio, fra me e l’autobus si frappone un tir che si porta dietro un rimorchio di proporzioni bibliche; quando il tir è passato, non vedo più l’autobus. Guardo frenetico avanti, a destra, a sinistra, ma non riesco a vederlo. La disperazione mi spinge a procedere, fino a che non intravedo un veicolo che ha preso una via laterale. L’ho quasi raggiunto quando mi accorgo, dal numero sulla targhetta posteriore, che questo non è lo stesso di prima. Sto per gettare la spugna; poi qualcosa mi rianima, e scorgo un altro autobus in fondo a una parallela alla strada principale: è lui, sono sicuro, lo riconosco dalla forma. Con le ultime energie lo raggiungo (sempre a cavallo), anzi lo precedo alla fermata; ormai giù dalla sella, riprendo fiato mentre aspetto. E sono già pronto a salire quando, a una rapida occhiata alla vettura semideserta, mi accorgo che Nina non c’è. È già scesa. Mi sento venir meno. Non vedo più l’autobus, la strada, i palazzi, il cavallo; nella mia immaginazione frustrata vedo solo il mare: sull’acqua, in lontananza, c’è un salvagente a forma di ciambella che va alla deriva, e tutt’intorno alla ciambella c’è scritto il mio nome. Poi la visione sfuma e torna lo sfondo reale; ed è qui che capisco che questa storia non è ancora finita: sul marciapiedi di fronte c’è Nina che passeggia pensierosa, con lo sguardo davanti a sé, tenendo con la mano destra la cinghia della borsetta appoggiata alla spalla.
L’energia mi torna tutta, di colpo, ma non mi muovo lo stesso: non oso andarle incontro. Ho paura. Nei lughi anni in cui siamo stati insieme Nina me ne ha dette tante, spesso con ragione, ma non mi aveva mai detto: «mi hai rovinato la vita». Non voglio che succeda di nuovo. Voglio avere il tempo di dirle serenamente che stavolta possiamo farcela sul serio, io e lei, e voglio che lei mi risponda: «sì». Sto pensando al modo migliore per garantirmi che andrà esattamente così quando, preso da un impulso irrazionale, mi proietto verso di lei.
Sto attraversando la strada, ma non ho fatto i conti con le automobili. Me ne accorgo quando una limousine nera frena di colpo proprio davanti a me, sbarrandomi il passo. Qualcuno, spuntato da chissà dove, mi spinge verso la portiera aperta, costringendomi a salire. Nell’auto ci sono tre folletti, tutti con gli occhiali scuri. Non li ho mai visti prima. Quello che siede dietro, accanto a me, mi mostra la pistola automatica e dice:
«Non dire una parola».
Un attimo dopo, a titolo di spiegazione, o forse semplicemente per completare la frase, un secondo folletto si gira e mi fa, sparandomi un sorriso a trentadue denti:
«Ti conviene».
Ci allontaniamo di corsa.


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