Io so’ pazzo. Racconto bilingue

Alla piccola stupenda Giulia Hoa
e ai suoi incantevoli genitori, Luigi e Marina

30 secondi*
Mo’ ce n’avimma ji’ sulamente. Fratemo1 m’aspetta in macchina. ’Na cinquecento, piccola, silenziosa, veloce. Già ce ne stammo fujenno. Mi guarda e non mi dice niente, tene ’na faccia che significa: «Tutt’a posto?» «Tutt’a posto, ’o miccio è partuto ’na bellezza». Lui guarda avanti, e io pure penso alla strada. Alla strada che corriamo adesso, e pure a quella che abbiamo fatto mo’ che teniamo vent’anni e i vurzilli nel mercato non li rubiamo più. Dice che siamo pazzi, ma chi è più pazzo, noi o loro, che lo sapevano come andava a finire, e non hanno fatto niente? Quand’è domani fanno finta che non lo sapevano. Mo’ nisciuno sape niente2. E che si pensano, che queste cose si organizzano ’int’a cinque minuti? Ci vuole la scienza per fare le bombe, ce vo’ ’a pacienzia. E ce vonno ’e sorde. Per non darci diecimila euro a noi, domani mattina ce ne daranno centomila a quelli che vengono a mettere a posto. Vi è convenuto? E allora scusate: vuo’ vede’ che ’o pazzo fosse io?

25 secondi
«Qua stanno cinquecento euro, stanotte ve ne andate a dormire nel meglio albergo di Napoli». Quando un “amico” ti fa un’offerta così generosa non puoi rifiutarla; ma a volte non puoi rifiutarla nemmeno se quell’offerta te la fa uno che non è un amico. E nemmeno se non è generosa. Non mi ha detto nient’altro, ma l’ho capito subito che si tratta di una bomba. Però lui non me lo ha detto, e io non gliel’ho domandato. «Solo per stasera?» «Solo per stasera». Poi ha aggiunto: «Passiamo noi domani mattina. A mezzogiorno. State comodo a mezzogiorno?» «Sì, sto comodo» gli ho detto, mentre gli prendevo i soldi dalle mani. Solo un pazzo non li accetterebbe, mi sono detto. Se questi possono mettere una bomba qua sotto in tutta tranquillità, chi sa cosa potrebbero farmi, con la stessa tranquillità, se li contrariassi. Questa gente non ha fretta. Io invece avevo fretta di levarmelo dai piedi, non ce la facevo più a tenerlo davanti: ancora un poco e mi sarei messo a piangere, forse gli sarei saltato al collo. Forse l’avrei ucciso: il pensiero che uno ti possa dire di uscire da casa tua a suo piacimento ti rende furioso. O forse avrebbe ucciso lui me. Ma adesso, a casa di mia sorella che ci ospita per la notte, non mi domando questo. Mi domando un’altra cosa. Veramente è da stamattina che me lo domando, da quando siamo usciti: “A che ora scoppierà?”

20 secondi**
Già lo so domani i giornali che scrivono: i soliti delinquenti, i soliti malviventi... i soliti pazzi. So’ tutte pazze ncapa a loro. Tutti quelli che non si inginocchiano so’ pazze. Secondo loro o ti inginocchi – e allora ti fanno l’elemosina – o non ti inginocchi, e allora nun hai niente. Te muore ’e famme. Pezzente si nato e pezzente rieste. Embè, non mi voglio inginocchiare più. Mo’ so’ io che faccio inginocchiare a loro.

15 secondi
Ho commesso l’imprudenza di parlarne in famiglia. No, non con mia moglie: lei mi capisce, vive le stesse cose che vivo io. Lei è con me. Mio cognato invece ha cominciato a sproloquiare: «Ma come, hai accettato i soldi di quello sconosciuto? Sei pazzo? E non sei andato dalla polizia? Tu così ti rendi complice! Poi, domani mattina quello torna e magari di euro non te ne dà cinquecento, ma cinquemila, per la ristrutturazione. E tu che farai? Continuerai a tenere tutto nascosto? Devi essere impazzito». Io per lui sono pazzo. Come se questa parola – pazzo – concentrasse tutto, come se spiegasse tutto. Ma mio cognato che capisce di queste cose? Lui mica vive dove sto io, mica gli è mai capitata una cosa del genere. I soldi mica li hanno offerti a lui. Che dovrei fare? Andare alla polizia e denunciare tutto? E poi? Mi faccio trovare morto ucciso dentro a un fosso? O mi faccio cambiare tutti i connotati con un bel “programma di protezione”, come nei film? Ma qua mica siamo al cinema, gli vorrei dire. Qua quando ogni cosa finisce mica ci stanno gli applausi? È solo tutto buio, senza titoli di coda, neanche la musica ci sta. Questo gli vorrei dire. Però non gli dico niente.

10 secondi***
Me l’immagino tutta quella gente a scrivere sui giornali, a parlare per televisione, tutti quanti a dire, scandalizzati, “Una miccia di trenta secondi. Ma voi ci pensate? Perché quei farabutti dovevano avere il tempo di fuggirsene”. E che devo rimanere, sott’ ’a botta mpressiunato, come dice la canzone3? Tutti quanti a lamentarsi, a piangere, comme ’e criature, “In quei trenta secondi poteva succedere di tutto: poteva arrivare una coppietta ad appartarsi, un ragazzo col motorino, uno che porta il cane a spasso, quello che scende la spazzatura...”. E sì, mo’ ’a prossima vota m’organizzo primma co’ tutta ’a gente ’e ’int’ ’o vico. “E se ci scappava il morto?” E tanto il morto qua ci può scappare a ogni momento, stammo tutte sotto ’o cielo. Mo’ cu chi t’ ’a vuo’ piglia’, c’ ’o Pateterno? Quello che deve succedere succede, ognuno tiene i problemi suoi. Mo’ si scandalizzano; “Quei pazzi criminali”, dicono. Song’ ’e stesse che chiamavano “pazzo” ’o prufessore ’e Vesuviano4. A lui gli stava bene, e mo’, sta bene pure a me. Forse a Napoli per essere rispettati si deve essere pazzi. E allora lo sapete che c’è di nuovo? Avete ragione. I’ so’ pazzo5.

5 secondi
E se domani ritorno a casa mia e veramente la trovo distrutta? E se quelli vengono e mi offrono altri soldi per fare i lavori? Mio cognato dice che non li dovrei accettare. E io dove me ne vado a vivere? A casa sua? L’ho sempre detto a mia sorella: “Tuo marito è bravo a individuare i problemi, ma poi non li sa risolvere”. Dice che sono pazzo a non andare alla polizia a denunciare tutto. Secondo me non ha capito. Quello solo un pazzo ci andrebbe. La verità è che anch’io in questo momento ho un po’ le idee confuse: qua pare che a Napoli, come fai fai, sei sempre pazzo. Non lo so che voglio fare. Ci pensiamo domani mattina. Vorrei solo riuscire a togliermi questo pensiero dalla testa, prima che faccia scuro, se no qua la nottata me la faccio chiara chiara. Che dici: sarà già scoppiata?

0 secondi
L’ordigno piazzato a terra, davanti a un cancello, esplode. Gli infissi dell’appartamento privato sito al piano superiore dell’edificio vengono divelti; uno di essi si stacca dalla parete, crollando per intero sul letto. Se gli abitanti di quell’appartamento fossero a casa in quel momento, rimarrebbero schiacciati nel sonno. Fortunatamente, in quel momento dormono altrove.
Nero.

Grazie all’amico Gabriele Capone che ha commentato con me l’idea di questo racconto. E grazie all’amico Giuseppe Sorgente, che li legge tutti in anteprima e non si stanca mai di dirmi: “Questo non va bene”.


NOTE:
[1] Nel “napoletano di strada” l’espressione «fratemo» o «’o fratu mio» (letteralmente: «mio fratello») sta ad indicare anche il proprio amico fidato.
[2] Letteralmente: «Adesso tutti fingono di non sapere nulla». Espressione resa celebre dalla commedia teatrale Natale in casa Cupiello di Eduardo De Filippo.
[3] Il riferimento è alla notissima Tammurriata nera.
[4] Nome con il quale si individua Raffaele Cutolo, fondatore e capo della Nuova Camorra Organizzata, nel capolavoro cinematografico Il camorrista di Giuseppe Tornatore.
[5] Titolo della famosissima canzone di Pino Daniele del 1979.

[*] Adesso non resta che andarcene. Mio fratello mi aspetta in macchina. Una cinquecento, piccola, silenziosa, veloce. Siamo già in fuga. Mi guarda e non mi dice niente, ha una faccia che significa: «Come è andata?» «Tutto a posto, la miccia si è accesa benissimo». Lui guarda avanti, e io pure. Penso alla strada. Alla strada che percorriamo adesso, e anche a quella percorsa fin qui, ora che abbiamo vent’anni e non rubiamo più i borsellini al mercato. Si dice che siamo pazzi, ma chi è più pazzo? Noi o loro? Loro lo sapevano come sarebbe andata a finire, e non hanno fatto niente. Domani faranno finta di non sapere niente. Cosa credono? che queste cose si organizzino in cinque minuti? Ci vuole la scienza per fare le bombe e ci vuole la pazienza. E ci vogliono i soldi. Non hanno voluto dare a noi diecimila euro? Domani mattina ne spenderanno centomila per riparare i danni. Vi è convenuto? E allora scusate: veramente credete che il pazzo sia io?
[**] Già so cosa scriveranno domani i giornali: i soliti delinquenti, i soliti malviventi... i soliti pazzi. E certo. Secondo loro sono tutti pazzi. Tutti quelli che non si inginocchiano sono pazzi. Secondo loro o ti inginocchi – e allora ti fanno l’elemosina – o non ti inginocchi, e allora non hai niente. Muori di fame. Sei nato pezzente e resterai pezzente. Ebbene, io non voglio inginocchiarmi più. Ora sono io a far inginocchiare loro.
[***] Me l’immagino tutta quella gente a scrivere sui giornali, a parlare in televisione, tutti quanti a dire, scandalizzati, “Una miccia di trenta secondi. Ma voi ci pensate? Perché quei farabutti dovevano avere il tempo di fuggire!”. E che devo esplodere anch’io insieme alla bomba? Tutti quanti a lamentarsi, a piangere, come i bambini, “In quei trenta secondi poteva succedere di tutto: poteva arrivare una coppietta ad appartarsi, un ragazzo col motorino, uno che porta il cane a spasso, quello che butta la spazzatura...”. La prossima volta mi organizzo prima con tutta la gente che abita nel vicolo. “E se ci scappava il morto?” E tanto il morto può scapparci in ogni momento, stiamo tutti sotto al cielo. Con chi vuoi prendertela adesso, col Padreterno? Quello che deve succedere succede, ognuno ha i suoi problemi. Ora si scandalizzano; “Quei pazzi criminali”, dicono. Sono gli stessi che chiamavano “pazzo” il professore di Vesuviano. A lui stava bene? E ora, sta bene pure a me. Forse a Napoli per essere rispettati si deve essere pazzi. E allora lo sapete che c’è di nuovo? Avete ragione. Io sono pazzo.

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