Nina - quinta puntata

«Una pista da seguire ce l’abbiamo, no?»
È mattina. Siamo seduti tutti e tre nel salotto di casa mia. Li ho camuffati alla meglio per cercare, nei limiti del possibile, di non dare nell’occhio; ma hanno insistito per tenersi il cappello. La pista dovrebbe essere secondo loro quella della spilla.
«Ma, ammesso che lo prendiamo, come faremo a fargli vuotare il sacco?» È per una pura coincidenza che mi sia espresso così; al momento ignoro che il ladro ha messo le biglie in un sacco prima di fuggire. Quindi non posso ancora spiegarmi perché ai due folletti brillino gli occhi nel sentirmi.
«A questo pensiamo noi» dice il folletto maschio, scambiando un’occhiata complice con la folletta femmina. È evidente che si sono già fatti un’idea e che me la stanno nascondendo.
«Se c’è qualcosa che non mi avete ancora detto» intervengo allora «conviene che me la diciate subito». Niente da fare; continuano a scambiarsi occhiate, cambiano discorso.
«Il furto è avvenuto solo due giorni fa. Magari l’uomo ha ancora addosso lo stesso vestito». Peggio per loro. La reticenza non paga. Ma l’ipotesi è sensata, anche se remota: puà darsi che l’uomo non si aspetti di essere rintracciato qui; in tal caso è possibile che non abbia gettato via il vestito.
«Muoviamoci, allora». Mi alzo, e i due mi seguono fino alla porta. «Ricordate quello che vi ho detto: non toccate niente...»
«...e restate vicino a me» completa la folletta con diligenza. Ci tiene a mostrare di essere all’altezza della situazione.
Li porto in giro, tanto per farli ambientare un po’. A fine mattinata entriamo in un bar e ci sediamo a un tavolino. La folletta ordina un barattolo di mele, il folletto invece ordina un caffè con panna, ma lo fa solo per scimmiottare, me ne accorgo dal fatto che non sa come prenderlo, e aspetta che cominci io per imitarmi. Il cameriere ha avuto un attimo di incertezza alla richiesta della folletta, ma poi, senza perdersi d’animo, le ha portato un piatto con due mele tagliate a quarti. Lei ora guarda un po’ il piatto un po’ noi; è evidente che qualcosa non è andato come immaginava. Con uno scatto prende il vocabolario dalla tasca e controlla qualcosa, poi dice sottovoce: «si dice miele». Forse è convinta di aver commesso un errore imperdonabile, perché subito dopo il musetto comincia a tremarle e le spuntano due grosse lacrime al bordo degli occhi. Ecco, io non ho mai consolato una folletta, ma mi ritrovo istintivamente ad accarezzarle il viso e a rassicurarla, mentre chiamo il cameriere e rettifico l’ordinazione.
È un po’ che mi guardo in giro per vedere se i travestimenti stanno funzionando; pare di sì, nessuno fa caso a noi, tutti guardano altrove. Credo che diamo l’impressione di un padre con due figli in anticipo sul Carnevale. Mi abbandono alla spalliera della sedia, con un braccio penzoloni, e mi chiedo cosa potremo mai ottenere, date le condizioni e visto il calibro dei due detective che mi affiancano.


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