Senza parole – parte prima
Le tue braccia erano il mio luogo
il terreno dove il seme – che ero io
cresceva.
Poi via il fusto, le radici, il sole e dimmi
(è libera la foglia sopra un ramo?)
Ma tu non dirai niente. No. Non qui.
Passeggi ancora con le mani in tasca?
O finalmente dondoli le braccia
che non ti stringo più?
Libera avanzi, e il vento ti sospinge.
Parole tipiche
Volevi ti portassi “al nostro posto”
dove quell’aria calda ed avvolgente
mi dava il sonno e un brivido di noia.
Non c’era niente intorno, terra o mare
né case traffico auto o bestie rare.
Finché mi amasti il posto tuo fui io.
E adesso chi hai portato al posto mio?
Senza parole – parte seconda
Stetti a guardare te tutta la notte.
Io noncurante delle tue parole
fissavo il movimento delle labbra
e l’espressione di quegli occhi neri
dirmi di più di ciò che tu dicevi.
Se avessi udito almeno una parola – eh!
le cose che sarebbero cambiate
come bastò a cambiare quella terra
che vi sedessi tu a gambe incrociate.
Ho cancellato l’ultima visione
di te che ti alzi e te ne voli via;
ti ho persa, anima e corpo. Ma il tuo sguardo
spesso ritorna a farmi compagnia.
Due parole
Che dire di quei luoghi abbandonati
dove mi hai tanto spesso accompagnato?
Ci siamo amati su lamiere torte
e arrugginite, su binari morti,
tra auto demolite, sul pietrisco
di immobili cantieri. All’improvviso
mi torna in mente quel che mi dicesti
e contro cui ho lottato, forsennato
con recriminazioni e pianti. Ed ecco
la nostra storia corre avanti agli occhi
e va a fissarsi nelle tue parole
come una freccia sopra ad un bersaglio.
«Non rompere». Fu tutto. Il tuo volere
neanche l’ho saputo rispettare:
come ubriaco andai, e trotterellando
passo su passo, trotto dopo trotto
ho rotto.
(Poesia terza classificata al concorso «Viaggi fuori dai paraggi», Napoli, Maschio Angioino, 2002)
Le tue braccia erano il mio luogo
il terreno dove il seme – che ero io
cresceva.
Poi via il fusto, le radici, il sole e dimmi
(è libera la foglia sopra un ramo?)
Ma tu non dirai niente. No. Non qui.
Passeggi ancora con le mani in tasca?
O finalmente dondoli le braccia
che non ti stringo più?
Libera avanzi, e il vento ti sospinge.
Parole tipiche
Volevi ti portassi “al nostro posto”
dove quell’aria calda ed avvolgente
mi dava il sonno e un brivido di noia.
Non c’era niente intorno, terra o mare
né case traffico auto o bestie rare.
Finché mi amasti il posto tuo fui io.
E adesso chi hai portato al posto mio?
Senza parole – parte seconda
Stetti a guardare te tutta la notte.
Io noncurante delle tue parole
fissavo il movimento delle labbra
e l’espressione di quegli occhi neri
dirmi di più di ciò che tu dicevi.
Se avessi udito almeno una parola – eh!
le cose che sarebbero cambiate
come bastò a cambiare quella terra
che vi sedessi tu a gambe incrociate.
Ho cancellato l’ultima visione
di te che ti alzi e te ne voli via;
ti ho persa, anima e corpo. Ma il tuo sguardo
spesso ritorna a farmi compagnia.
Due parole
Che dire di quei luoghi abbandonati
dove mi hai tanto spesso accompagnato?
Ci siamo amati su lamiere torte
e arrugginite, su binari morti,
tra auto demolite, sul pietrisco
di immobili cantieri. All’improvviso
mi torna in mente quel che mi dicesti
e contro cui ho lottato, forsennato
con recriminazioni e pianti. Ed ecco
la nostra storia corre avanti agli occhi
e va a fissarsi nelle tue parole
come una freccia sopra ad un bersaglio.
«Non rompere». Fu tutto. Il tuo volere
neanche l’ho saputo rispettare:
come ubriaco andai, e trotterellando
passo su passo, trotto dopo trotto
ho rotto.
(Poesia terza classificata al concorso «Viaggi fuori dai paraggi», Napoli, Maschio Angioino, 2002)
0 commenti:
Posta un commento